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.Jeremy è venuto da me, abbiamo iniziato a parlare.Ha cominciato a fare l'analisi della gara, cercando i perché dei problemi, facendopoi considerazioni sulla situazione che stavamo vivendo.E mi sembrava dibuonumore.Mi sono reso conto che tutta la sua analisi era basata sull'ottimismo.«Non mi sembra un momento da prendere con così tanto ottimismo» gli ho dettoio.Jeremy mi ha sorriso, e sembrava perfino divertito.In effetti, io dovevo essere in una situazione che poteva anche suscitare ilarità.Mail fatto è che io non ho mai preso bene le giornate storte.Non mi sono mai divertito aprendere paga.Mi sono sempre arrabbiato quando sono stato battuto per un soffio,molte volte ho preso male anche un secondo posto, figuriamoci quella volta lì chesono arrivato settimo!«Senti, questa è una pista che non ti è mai piaciuta» ha iniziato così, Jeremy.«Arriviamo dai test in Giappone per la Otto Ore; la Honda ti ha obbligato a farli,quindi non sei giunto qui di buonumore, in più eri stanchissimo.Tutto questo haminato la tua condizione psicologica, perché non avevi nessuna voglia di andare afare quei test: oltre al fuso orario, alla fatica del viaggio, psicologicamente non seiarrivato qui con molta felicità addosso, quindi non eri nella migliore condizione percorrere questo gran premio.»Già questo discorso mi aveva fatto riflettere.«Inoltre qui ti sono arrivate davanti cinque Yamaha, e succede abbastanza di rado.Vuol dire che queste erano condizioni inusuali, quindi significa che la normalità èun'altra: siamo i più veloci, di solito.»E a questo punto mi aveva già convinto.«E poi, scusa, siamo comunque davanti noi.Con dieci punti.Che non sono pochi.Quindi, in fin dei conti, che problema c'è?» ha concluso Jeremy.Io l'ho guardato con occhi diversi.«Ma sì, in effetti, pensandoci bene, hai ragione: ma che problema c'è!» gli ho dettoio, guardandolo negli occhi.Mi era tornato il buonumore.Avevo iniziato a vedere le cose mettendomi dal suo punto di vista, usando la suapositività, e ho scoperto che c'era effettivamente un'altra via per affrontare quellacircostanza.Lì ho imparato che se ci sono due modi di vedere una situazione, èsempre meglio scegliere quello ottimistico.E così ho fatto.Mi sono messo a pensareal futuro, a quello che dovevamo ancora fare, quindi alle gare che ci aspettavano.La tappa successiva era il Gran Premio della Repubblica Ceca, a Brno.Tra la gara del Sachsenring e quella di Brno il campionato del mondo prevedevauna pausa di un mese, e io sapevo già che non avrei beneficiato di così tanto tempo, per le mie vacanze.Infatti dopo la gara in Germania sono partito per Suzuka, pursenza averne alcuna voglia, dove ho corso e vinto la Otto Ore.Tornato dal Giappone, ho cercato di riposarmi.Ma non ci sono riuscito a lungo.Già, perché in realtà ho dovuto sorbirmi un mese di commenti e articoli in cui sidiceva che Biaggi mi aveva preso, gli mancavano solo dieci punti, e che questa voltami avrebbe dato una bella lezione.Erano queste l'opinione e la sensazionemanifestate da un'ampia parte della stampa e da altri personaggi.Anche perché, quella di Brno, era la pista preferita di Biaggi: lì aveva vinto tantevolte, su quel circuito si è sempre trovato molto bene.Quindi, era lecito ipotizzareche avrebbe impostato una gara d'attacco, mentre io avrei dovuto correre in difesa.Come accade per tutte le grandi sfide, poi, alla vigilia non erano mancati neppuredegli episodi tipici del tifo, quando ci si divide in due fazioni.Addirittura, un gruppo di un paese vicino a Tavullia che aveva creato un Fan Clubdi Biaggi, aveva cercato di fare qualche azione di disturbo.Sono cose che fanno parte del gioco, perché c'è sempre del movimento nelle varietifoserie, ma avevano contribuito a fare aumentare tensione e nervosismo.A Brno sono arrivato mantenendo un atteggiamento piuttosto dimesso.Nellaconferenza stampa del giovedì, infatti, sono rimasto molto calmo.Ho lasciato parlaregli altri.Stavo molto in disparte, e avevo anche tenuto gli occhiali da sole.Ero proprio difianco a Biaggi.«Non ti abbiamo mai visto così scuro in volto, così arrabbiato; è per caso lapressione?» mi hanno chiesto.«No, sono così perché non mi piace la compagnia!» ho risposto io.Venerdì, nelle prove, Biaggi è andato fortissimo.Era stato il più veloce.Io, solosettimo.Mi aveva inflitto un distacco di un secondo e mezzo!Sabato, invece, Biaggi ha ottenuto comunque la pole, ma io sono stato secondo aun decimo.Ero migliorato molto, insomma.In gara lui è partito forte, cercando di imprimere subito un gran ritmo, ma sonoriuscito a stargli dietro.Stranamente, per quel periodo, sono infatti partito bene.Una cosa inusuale, perchéin quegli anni la partenza spesso non mi veniva bene.Quindi, la gara è iniziata con lui davanti e io dietro.Lui scappava, io inseguivo.Edè cominciata anche una delle battaglie più dure e più dense di significati.È stata unpo' come la gara di Welkom.Anzi, forse di più.Perché lui voleva vincere ilMondiale, in quella stagione, e in quella fase del campionato doveva attaccare.Doveva battermi.Io facevo fatica a restargli dietro, perché lui spingeva molto e andava al massimo.Ero impegnatissimo.Stavamo rischiando, tutti e due.Eppure dovevo tenere duro.C'era un punto, cioè all'uscita della "esse" sinistra-destra che va in salita, in cui luisi girava sempre.Per controllare dove fossi.Io, quindi, cercavo di farmi ritrovare ilpiù vicino possibile, in quel punto lì.E ogni volta che si girava, io staccavo per un attimo la mano sinistra dal manubrio e lo salutavo.Era il modo per fargli vedere chenon ero al limite, che io ero sempre lì."Tutto a posto!" era il segnale che mandavo, salutandolo, ma non è che fosseproprio così.In realtà io stavo tirando moltissimo!Ma lo stavamo facendo tutti e due.A forza di spingere, lui è caduto [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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